Flatland – Drammaturgia

Flatland - Drammaturgia

Introduzione - Si spengono le luci. Una vibrazione sonora aumenta gradualmente di volume, mentre il sipario si apre lentamente. Sul palcoscenico buio, una luce fredda illumina piano piano la prima scena: un grande pannello, foggiato come un immenso circuito verde, fronteggia lo spettatore; è posto in verticale su una vasta pedana inclinata dov’è proiettata, come un titolo, nonché un omaggio, la dedica dell’autore ai lettori di Flatland.

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Lateralmente gli schermi di proiezione trasmettono un immagine simile a quella del pannello, ma disturbata, come se ‘stessero cercando di sintonizzarsi’ sul giusto canale, fino ad una stabilizzazione temporanea della visione. (BOZZETTO 1)

Mentre la musica incalza, la grande piattaforma comincia a cadere lentamente, ribaltandosi verso lo spettatore. A circa metà del suo moto, il narratore inizia a recitare il paragrafo 1 - Sulla natura della Flatland. Man mano si scorgono i tre enormi rulli tipografici inclinati lungo l’altra faccia della piattaforma. Da sotto questa specie di rampa di tela che corre verso la graticcia, la luce porta in superficie la mappa in bianco e nero di Flatland.

Frattanto che la voce narrante prosegue con i paragrafi 2 - Sugli abitanti della Flatland, 3 - Sulle Donne, i rulli cominciano a svolgersi ruotando e su di essi vengono proiettate in movimento i primi ‘personaggi’ di Flatland. (BOZZETTO 2)

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Questi ultimi non sono altro che delle brevi linee luminose e delle sottili cornici di forma geometrica regolare bianco fluorescenti, entro le quali sono incastrati dei corpi umani o parti di essi in movimento. Ciò sta a simboleggiare la condizione interiore degli abitanti del mondo a Due Dimensioni; la loro prigionia, ma anche la loro inconsapevolezza e chiusura mentale. Sugli schermi di proiezione laterale, si susseguono le immagini di fitte metropoli viste dapprima quasi da ‘satellite’, poi man mano sempre più ravvicinate; il momento di passaggio da una all’altra avviene tramite una fievole dissolvenza seguita da una striscia di interferenza.

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Il sonoro non ha interruzioni; rimane di sottofondo quando la voce racconta, aumenta di volume nei cambi scena e nei momenti cruciali della storia, come nelle pause fra un argomento e un altro. Per esempio nel passaggio alla lettura del paragrafo 4 - Sui nostri metodi per riconoscerci a vicenda: qui sul rullo le figure geometriche mimano la descrizione, non in modo affettato ed evidente, ma come se avesse luogo un mercato con il relativo brulichio di immagini, rumori e voci.(BOZZETTO 3)

Durante il paragrafo 5 - Sull’antica pratica della pittura, 6 - Sul Progetto di Legge per il Colore Universale, 7 - Sulla repressione della Rivolta Cromatica,

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le tele dei rulli e le cornici luminescenti delle figure geometriche si colorano gradualmente di molte tinte diverse creando una visione tanto variegata quanto monotona e cadenzata era quella precedente nella tonalità dei grigi. Questo trionfo di colore raggiunge il suo apice con l’uccisione di Cromatiste (BOZZETTO 4a e 4b), il promotore della rivolta cromatica, per tornare sfumando lentamente al bianco e al nero che accompagna gli ultimi due paragrafi conclusivi della prima parte della sceneggiatura, 8 - Sui nostri Preti e 9 - Sulla dottrina dei nostri Preti.

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Un’intensa interruzione musicale unita al formarsi della scenografia successiva, il mondo a Una Dimensione, segnano un passaggio fondamentale anche nella struttura del testo che ora viene esposto sotto forma di dialogo soprattutto.

In questa scena i rulli passano in secondo piano e non sono retro-illuminati; davanti ad essi, dall’alto e da terra scendono delle strisce metalliche colorate. Sull’avanscena viene proiettato una specie di vasto e sfrangiato codice a barre distorto prospetticamente, il cui fulcro è costituito da tanti piccoli tubi a neon allineati lungo un tubo verticale, la Lineland, posto al centro del proscenio. Vicino ad Esso e parallelamente alla linea di boccascena, scenderà dall’alto il Quadrato, ugualmente composto di tubi a neon.(BOZZETTO 5)

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All’inizio del paragrafo 10 - Com’ebbi una visione della Lineland, l’introduzione sonora deve rendere quel frinire molteplice descritto nelle note in corsivo della sceneggiatura. Questo suono confuso e cinguettio continua di sottofondo ad intervalli durante i dialoghi, finchè al termine del paragrafo 11 - Sui miei vani tentativi di spiegare la natura della Flatland, diventa quasi uno sciame di zanzare impazzite, il grido di guerra degli abitanti della Lineland. Il rumore porta oscurità sulla scena : i tubi a neon, le strisce e la proiezione sulla linea di boccascena spariscono coperti dal buio e tutto ritorna come prima.

I paragrafi 12 - Su di uno Straniero venuto dalla Spaceland, 13 - Sui vani tentativi dello Straniero di rivelarmi a parole i misteri della Spaceland, e parte del

14 - Come la sfera, avendo tentato invano con le parole, fece ricorso ai fatti, sono ancora raffigurati sui rulli che però interrompono momentaneamente il loro moto di rotazione per soffermarsi sulla casa pentagonale del Quadrato nella quale hanno luogo i dialoghi. In questo frangente, la Sfera, sorta di palla incandescente dalla voce femminile, rimarrà dietro ai rulli e su di essi, nel momento in cui seca il piano di Flatland, come proiezione. (BOZZETTO 6)

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Nel momento in cui il Quadrato entra nelle Tre Dimensioni, i rulli scorrono verso l’alto, fermandosi al termine dei binari inclinati, che fungono loro da guida. Si scopre la Spaceland, non ancora illuminata chiaramente, mentre sui rulli, ridotti ormai a fondali, accadono gli ultimi fatti ambientati nel Palazzo del Gran Consiglio di Flatland (15 - Come venni in Spaceland e quello che vi vidi). Le proiezioni laterali nel frattempo rimangono al buio (BOZZETTO 7).

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Il paragrafo 16 - Come, per quanti altri misteri della Spaceland la Sfera mi mostrasse, io continuassi a desiderarne di più; e quello che ne venne, porta in piena luce finalmente il mondo a Tre Dimensioni, con il Quadrato, evolutosi in Cubo, e la Sfera fluttuanti su di esso. Allo spettatore si presenta ora la visione di un qualcosa di ambiguo,surreale, ma, in un certo senso, familiare: un paesaggio pseudo-industriale costituito da circuiti, transistor e accumulatori giganteschi che formano ‘torri’, piccole e grandi, ‘palazzi’, ‘edifici’ e ‘fabbriche’. Sulle proiezioni laterali, nel frattempo la lenta rotazione di un ‘pianeta’ porta lentamente l’alba di un nuovo giorno, che culmina con una luce quasi accecante.(BOZZETTO 8)

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In conclusione del paragrafo 16, avviene nuovamente un repentino ‘cambio di dimensione’; il passaggio deve comunicare il precipitare in un baratro, nell’utero dell’adimensionale e ciò accade per mezzo dello strumento sonoro. Tutto il resto viene rapidamente inghiottito dall’ombra.Il racconto (17 - Come la Sfera m’indusse a una visione) prende ora una piega mistica e sospesa: una sola luce pulsante viene dal fondo della scena, Essa è il Punto, unico abitante del mondo Senza Dimensioni. (BOZZETTO 9)

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L’epilogo finale (18 - Conclusione ovvero ‘Come in seguito cercai di diffondere la Teoria delle Tre Dimensioni con altri mezzi, e quali furono i risultati’), con il ritorno alla sola voce narrante, è preceduto da una pausa di silenzio e di oscurità, durante la quale la piattaforma si alza nuovamente riportando la scena iniziale del grande circuito verde. Subito dopo, quando ricominciano voce e musica, piano piano sulla linea di boccascena scende gradualmente dall’alto una proiezione che rappresenta la prigione del Quadrato e che giunge a terra, con fragoroso suono metallico, nel momento in cui la narrazione ha termine. (BOZZETTO 10)

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Flatland – Spettacolo scenografico a più dimensioni

Flatland - Spettacolo scenografico a più dimensioni

Questo progetto di tesi, realizzato nel 2004, Foto E. A. Abbottsi pone l'obiettivo di narrare visivamente il racconto matematico omonimo 'Flatland', di Edwin Abbott, proponendo uno spettacolo scenografico per il teatro. Il tema centrale è la dimensione, o meglio le dimensioni, e come esse affettano la vita del singolo e della società, in un senso oltre che fisico, soprattutto estetico e morale.

Flatlandia, breve racconto matematico, fu pubblicato anonimo nel 1882. L’autore in realtà era il reverendo Edwin Abbott, professore universitario nonché intellettuale di ampie vedute. Fra le sue numerose opere, da manuali scolastici a saggi teologici, questo testo spicca per originalità e carica profetica, velate da un linguaggio in linea con la satira e lo humour inglesi di fine ‘800, quindi ironico ma didascalico.

flatland-foto-modellino-3Abbott descrive un mondo piano, ridotto a due sole dimensioni, dove prende vita una società rigidamente controllata e divisa in caste, caratterizzate da una specifica configurazione geometrica. Ad esempio: il gradino più basso è rappresentato dai triangoli isosceli che costituiscono la plebaglia e l’esercito; i triangoli equilateri sono i commercianti; i quadrati, gentiluomini della media borghesia; i pentagoni, avvocati e così via, man mano che si sale con il numero dei lati fino a giungere all’ aristocrazia, raffigurata dai circoli, sacerdoti a capo del sistema.

E’ un mondo chiuso, governato da leggi troppo spesso crudeli e spietate, atte a sopprimere qualsiasi possibilità di cambiamento, di innovazione, di miglioramento; l’individuo viene indotto, dai pochi che detengono il potere, a pensare solo alla sua configurazione esteriore, il che determina la monotonia della vita di Flatland, dove non c’è posto per l’immaginazione, tanto più che il panorama visivo di tutti è qui logicamente limitato ad una linea retta.

Il paragone con la società contemporanea è immediato e agghiacciante, ma lo scopo dell’autore va ben oltre. Il racconto procede infatti con l’esplorazione di altre dimensioni: il quadrato protagonista dapprima sogna il mondo ad una dimensione, Lineland; poi, l’incontro con una sfera gli apre la visione della Terza Dimensione, trascinandolo in un viaggio mistico e trascendentale che si concluderà nell’adimensionale di Pointland. Quando il quadrato tenterà di divulgare il Vangelo delle Tre Dimensioni in Flatland verrà emarginato e imprigionato a vita da una società che non è pronta all’evoluzione e alla consapevolezza spirituale, abituata meccanicamente alla comodità e allo squallore dell’ignoranza.

flatland-foto-modellino-6Al di là del valore profetico di questo racconto dal punto di vista scientifico, in quanto anticipatore del concetto di relatività di Einstein, esso è intriso di grande spiritualità e pungente ironia che, tramite la semplicità e l’assurdità della trama, sono tutt’oggi di una validità disarmante.

Lo spettacolo che ho immaginato per Flatland mira a coinvolgere gradualmente lo spettatore fino ad interrogarlo direttamente sulla sua disposizione spirituale, critica, emozionale e soprattutto immaginativa e creativa. L’intenzione che mi guida è quella di costruirlo in maniera tanto semplice   e logica quanto assurda e sperimentale; deve comunicare, tramite l’immediatezza del mezzo teatrale, unita a proiezioni surreali, una stratificazione multidimensionale simultanea, inizialmente disorientante e straniata fino poi alla totale identificazione nella vicenda del quadrato protagonista e nel messaggio di apertura spirituale, intellettuale e immaginativa che Abbott pone in termini di incalzanti interrogativi, senza una vincolante risposta.

Innanzitutto ho eliminato quasi totalmente la presenza fisica in scena dell’attore, riducendola soprattutto ad una o più voci fuori campo visivo, accompagnate da musica analogica; l’effetto sonoro complessivo deve indurre nello spettatore disagio e movimento interiore.

flatland-foto-modellino-8A ciò si aggiunge la scenografia che costruisce e scandisce materialmente lo spettacolo; le idee fondamentali attorno alle quali ruota sono ispirate alle grandi invenzioni comunicative dell’uomo. La descrizione dello strano mondo di Flatland è dipinta infatti su tre rulli giganti che girano svolgendosi come una pergamena; una grande e monodirezionale macchina tipografica, messa in moto da chissà quale entità astratta, che propone la visione allucinata di un mondo super-razionale dove si muovono immagini di corpi inconsapevoli di esistere e costretti in configurazioni geometriche.

La grande rivelazione delle tre dimensioni avviene invece con un graduale sollevamento dei rulli che svela sotto di essi la mitica Spaceland; nella mia visione essa non è altro che una serie di circuiti e transistor ricavati dall’interno di un televisore e rivisitati come una città fantasma. Il riferimento alla televisione lo pongo sia come traguardo comunicativo, ma soprattutto come ulteriore binario mentale che blocca l’apertura creativa.

Note introduttive alla sceneggiatura

Non è stato semplice mettere mano al testo originale per adattarlo ad una sceneggiatura teatrale. Mi si sono presentati infatti diversi problemi di ordine logico, concettuale e linguistico. Innanzitutto ho deciso di mantenere la struttura generale del testo diviso in due parti: la prima descrittiva, che ho reso tramite un’unica voce narrante fuori campo; la seconda, mista di dialoghi e di narrazione, che ho trasformato interamente in dialogo diretto, se si eccettua l’epilogo finale, per facilitare l’aderenza ai movimenti di scena e snellire tutto il testo. Successivamente ho analizzato i singoli paragrafi, valutandone la maggiore o minore importanza ai fini del racconto e procedendo conseguentemente con i tagli necessari. Questa è stata la parte più complessa poiché ha richiesto grande coerenza e capacità di sintesi. Nel fare ciò, ho scelto di non intaccare quasi le frasi, che invece ho composto insieme come in un collage, senza perdere così la forza dei concetti e le parole dell’autore con l’eccezione dei termini arcaici e di alcuni periodi troppo didascalici e ripetitivi, dovuti in parte alla traduzione italiana, in parte alla dialettica inglese.

In conclusione è stato un intervento riassuntivo deciso, ponderato, con tagli notevoli ma non tali da stravolgere le intenzioni generali dell’autore.